Ogni volta il Merano Wine Festival mi regala il piacere di conoscere qualche perla dell’enologia italiana e straniera, che ignoravo o non avevo mai avuto occasione di degustare. Una manifestazione che tra parentesi ha registrato anche quest’anno un grande successo con un’affluenza di pubblico e operatori del settore ancora superiore a quella delle edizioni precedenti: 6500 presenze nel 2013 con un incremento del 5% rispetto al 2012.
Tornando a quelle che sono state le mie “scoperte” di quest’ultima edizione direi che a rapire letteralmente i miei sensi ci sono stati i vini della Valle d’Aosta. Questa regione, la più piccola d’Italia, vanta una viticoltura eroica dove i vigneti sono messi a dimora anche a 1200 m di altitudine e su pendenze estreme superiori al 30%. Un minuscolo fazzoletto di terra responsabile di solo lo 0,1% della produzione nazionale, da cui nascono però vini di grande eccellenza. E’ qui che si assiste in maniera unica alla convivenza tra vitigni autoctoni, veri e propri tesori che in Italia non si trovano da nessun’altra parte, e vitigni d’importazione che hanno trovato in questo microclima un luogo ideale dove vivere. In questo ambiente particolare vengono prodotti vini bianchi estremamente profumati e aromatici e vini rossi dalla grande struttura.
Durante la mia visita ho avuto modo di assaggiare in particolare i vini di una società cooperativa del comune di Chambave “La Grotta di Vegneron”, che conta 120 soci, 15 DOC appartenenti alle Denominazioni di Chambave e Nus e 4 vini da tavola, che coprono tutte le tipologie di vino dall’aperitivo ai vini da dessert e meditazione. I vigneti, così come mi racconta Domenico Gyppaz della cooperativa, sono coltivati in piccoli appezzamenti di terreno e la coltivazione viene fatta rigorosamente a mano mentre la politica aziendale mira soprattutto a valorizzare i vitigni autoctoni quali Petit Rouge, Fumin, Vien de Nus e quelli tradizionali Muscat de Chambave e Nus Malvoisie. Tra i vini degustati sono rimasta decisamente colpita dagli aromatici in particolare lo Chambave Muscat nella sua versione secca, per la spiccata gamma di profumi e la freschezza, che lo rendono un perfetto vino da aperitivo. Magari in abbinamento ad un formaggio tipico di mezza stagionatura. Sublime direi poi lo Chambave Moscato Passito “Prieuré”, un vero e proprio nettare degli dei, ottimo da dessert (lo immagino servito con le classiche tegole dolci valdostane!) ma anche vino da meditazione in grado di risvegliare i pensieri più piacevoli grazie alla sua dolcezza perfettamente equilibrita, alla sua pienezza e a quell’intensità olfattiva e gusto-olfattiva di note di mandorla e miele. Un toccasana.