Invino OpenDay è una giornata di degustazioni organizzata ogni due anni dalla Fratelli Poggiana di Rosà (Vicenza) e in particolare dalla divisione Invino, dedicata alla distribuzione di vini di qualità.
Si potrebbe definire un banco d’assaggio o una fiera di piccole dimensioni, vista la presenza di una ottantina di aziende, la maggior parte delle quali con la partecipazione dello stesso vignaiolo o di un suo rappresentante. A me però piace definirla una piccola Merano, inteso come il Merano Winefestival organizzato annualmente a novembre dall’ottimo Helmut Kocher.
Questo perché l’evento promosso lo scorso primo ottobre al ristorante Ca’ Sette di Bassano del Grappa da Monica Poggiana e Giampaolo (Giampi) Giacobbo mi è parso abbia in comune con il salone altoatesimo almeno due elementi: una selezione delle cantine e dei vini attenta e mai banale; una partecipazione del pubblico al tempo stesso competente e gioiosa, così lontana dalla noia del Vinitaly.
Diverso di certo è il meccanismo di selezione: all’Open Day erano presenti vini e aziende distribuite da Invino, non coinvolte per l’occasione. E in questo senso il lavoro di ricerca diventa ancora più meritevole, perché deve misurarsi giocoforza con la sostenibilità del mercato, in una logica che deve coniugare la valorizzazione della qualità con la capacità di dare reddito.
Uno sforzo che emerge anche dalla Guida alle degustazioni consegnata ad ogni partecipante, dove c’è spazio per due approfondimenti: uno sullo Champagne, “non esiste vino tanto conosciuto e così poco approfondito”, l’altro sul fenomeno del momento, il Prosecco Colfondo.
E a tal proposito segnalo, uno per tutti, un vino tra gli assaggi fatti. Quello del Prosecco di Christian Zago, il cui nonno difendeva il prosecco fermentato in bottiglia anche in tempi in cui veniva dato per pazzo da tutti. Oggi l’azienda Agrituristica Ca’ dei Zago continua a produrlo in un contesto che gli è ben più favorevole e ne ricava anche una versione che dopo 22 mesi sui lieviti viene sboccata. Un Metodo Classico di Prosecco (ma a Christian non piace chiamarlo così) con una struttura e una persistenza davvero insperate dall’uva Glera.